PRESENTAZIONE SPECIALITÀ
La canoa, quale sport moderno, trova la sua principale caratterizzazione nelle origini storiche e nella sua evoluzione tecnica. Queste caratteristiche sono fondamentalmente l'ambiente nel quale si pratica la canoa e il mezzo "imbarcazione". L'ambiente, con tutti i suoi aspetti positivi e negativi, influenza la pratica di questo sport dalle situazioni più elementari quali l'insegnamento al neofita, a quelle più evolute quali la competizione. L'acqua, elemento estremamente variabile, il vento, le correnti, le onde sono tutti elementi che condizionano non poco la pratica di questo sport. Addirittura alcune specialità della canoa si sono evolute ed affermate sfruttando queste caratteristiche naturali offerte dall'ambiente acquatico. Come in altri sport individuali è l'atleta con le sua abilità, attraverso un uso intelligente della pagaia ed un utilizzo adeguato delle sue capacità motorie, l'unico artefice del risultato. Se a ciò si aggiungono poi l'elemento acqua e gli agenti atmosferici spesso avversi ecco che il quadro relativo alla pratica di questo sport si presenta spesso impegnativo. Nonostante ciò sono molti i giovani che si avvicinano alla pratica canoistica innamorandosene, spinti probabilmente da motivazioni forti, dal desiderio di affermazione in uno sport difficile, a volte ingrato, trovando gratificazione in ultima analisi nella vittoria su se stessi più che sull'ambiente o sull'avversario. Da queste semplici considerazioni scaturisce evidente come le componenti psicologiche e non solo quelle fisiche siano determinanti nella scelta come nella pratica dello sport canoistico.
Ora, ripercorrendo l'evoluzione storica della canoa sul piano tecnico, ricordiamo che essa si è affermata come attività sportiva seguendo alcuni filoni fondamentali quali:
- acqua piatta (velocità, fondo)
- maratona
- fluviale (slalom,discesa)
- canoa – polo
- paddle sport (non ufficialmente regolamentati in ambito FICK)
- canoa a vela
- dragon boat
- rafting
- rodeo
- outrigger
Le varie specialità e le relative competizioni sono regolamentate da codici approvati dagli organi federali italiani in accordo con le norme internazionali. Questa pubblicazione rimanda il lettore, per un ulteriore approfondimento, alla consultazione dei Codici delle Regate.
CANOA D’ACQUA PIATTA
Questa specialità si è definita con le gare in linea su acque preferibilmente calme. Inoltre vi è stata una evoluzione delle imbarcazioni: alle barche singole si sono aggiunte le barche multiple.
Le gare della canoa d’acqua piatta sono:
In linea: 200 - 500 - 1.000 metri
Fondo: 5.000 metri.
Marathon: non meno di 10 km.
Vi possono essere distanze intermedie adottate per ragioni diverse (ad es. categorie giovanili).
Tabella delle misure e dei pesi
I tipi di imbarcazione sono: Kl -K2 -K4- CI -C2 -C4 KAYAK |
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tipo K1 K2 K4 |
lungh. max. 520 cm. 650 cm. 1100 cm. |
larghezza libera |
peso min. Kg. 12 Kg. 18 Kg. 30 |
CANADESE |
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TipoK1 K2 K4 |
lungh. max. 520 cm. 650 cm. 1100 cm. |
larghezza libera |
peso min. Kg. 12 Kg. 18 Kg. 30 |
La I.C.F. (International Canoe Federation), nel suo Codice delle Regate, pone dei limiti alle dimensioni delle canoe e dei kayak, le imbarcazioni sia di kayak che di canadese hanno subito dalla loro origine una notevole evoluzione tecnica per quanto riguarda la forma degli scafi, e tecnologica per quanto riguarda i materiali. Lo stesso dicasi per le pagaie che sono notevolmente diverse da quelle usate dai primi canoisti sia come forma che come dimensione e materiale.
EVOLUZIONE DELLO SCAFO
Negli anni '50 la canoa presentava una forma rotondeggiante con prua e poppa molto basse, con il punto di larghezza massima situato al livello del pozzetto. Questa soluzione dava uno spostamento della prua e della poppa alternativamente a destra ed a sinistra. Si passò poi a soluzioni diverse, dette a "V", con l'adozione di chiglie convesse, poi non più ammesse dal Codice delle Regate; la velocità era sicuramente maggiore, ma tutto a svantaggio della stabilità. Dalle Olimpiadi di Roma la canoa ha avuto una fortissima evoluzione per quanto riguarda lo scafo. Con l'avvento delle resine sintetiche molti costruttori di nazionalità diverse hanno elaborato molteplici forme di kayak e canoe in relazione al rapido mutare dei regolamenti ed all’evoluzione che permette personalizzazioni sempre più precise e raffinate.
EVOLUZIONE DELLE PAGAIE
KAYAK
Le pagaie sono costruite in legno oppure metallo e fibra. Ne esistono di vari tipi con forme diverse tra loro. Le pagaie in materiale composito e le pale ad elica hanno portato, fra l’altro, ad alcune modificazioni nell'impostazione e nella tecnica di pagaiata. La sfasatura tra le pale è di 90°, anche se in questi ultimi tempi si è scesi a 85° con uno svincolo o rotazione del pugno inferiore. La pagaia va adattata alle caratteristiche fisiche e antropometriche dell’atleta. Non è possibile variare molto la larghezza delle pale poiché basta un solo centimetro in più per avere una superficie maggiore di circa 40 c/mq, con conseguente aumento della resistenza durante la passata in acqua. La rigidità della pagaia varia in relazione alla velocità della imbarcazione, maggiore velocità più rigidità della pagaia. La lunghezza della pagaia (come vedremo in seguito) deve essere anche considerata in relazione al tipo di equipaggio che si vuole formare (K2 o K4).
CANADESE
La forma diversa della pagaia da canadese è data dalla necessità di pagaiare in una determinata posizione (si pagaia in ginocchio e non a sedere) e da una sola parte. Non esiste una tipologia precisa sulla forma e sulla misura della pala. Per quanto riguarda la scelta della lunghezza della pagaia si può dire, indicativamente, che appoggiata a terra, il manico deve sfiorare la parte superiore della fronte dell'atleta o del ragazzo. E’ bene ricordare che, come ne] kayak, le misure relative alla pagaia devono sempre rispettare le esigenze fisiche ed antropometriche dell'atleta.
L'EQUIPAGGIAMENTO
Nella canoa d’acqua piatta comprende: il paraspruzzi e, eventualmente, il giubbetto salvagente, obbligatorio nella maratona e per la cat. Allievi anche nelle corse in linea. Nella fluviale comprende: giubbetto salvagente, casco, paraspruzzi. Le scarpe sono consigliabili anche se si va in mare o nei laghi, dove apparentemente non esistono pericoli di contusioni o ferite per i piedi, come si verifica sui fiumi. C'è chi crede che i piedi siano al sicuro perché stanno dentro lo scafo, invece di strada a piedi bisogna farne per sentieri, sponde, scogliere, ghiaioni spesso cosparsi di vetri e con la canoa in spalle. Quindi scarpe leggere, flessibili, o calzari in neoprene con suola in gomma.
IL GIUBBETTO SALVAGENTE
È semplice, leggero, in tessuto di nylon, con inserti di espanso morbido a cellula chiusa. Le grandi aperture lasciano completamente liberi i movimenti delle braccia e poiché arriva solo in vita, anche quelli del tronco. È importante che aderisca al corpo elasticamente, in diverse taglie adattabili a canoisti di qualsiasi corporatura. Il Regolamento della Federazione Internazionale di Canoa (ICF) prescrive che il salvagente deve garantire la spinta di galleggiabilità di 6 kg mantenendo il corpo verticale, cioè con il capo fuori dall'acqua. Non ripeteremo mai abbastanza che il giubbetto salvagente è indispensabile per tutti, sia per i campioni, sia che per i semplici principianti, anche se sono espertissimi di nuoto. Nessuna scusa è valida, soprattutto ora che sono disponibili giubbetti appositamente studiati per i canoisti e che sono comodi da indossare ed usare.
IL CASCO
È indispensabile quando si va in acqua corrente e mossa. Anche qui non esistono scuse. I caschi sono leggeri, in strati sottili di materia plastico e con aperture per permettere l'uscita rapida dell'acqua, sia quando si entra nelle onde sia quando ci si capovolge.
PARASPRUZZI
Per i principianti sono consigliabili paraspruzzi leggeri di nylon che, anche se lasciano filtrare un poco d'acqua, sono facili da sfilare in caso di capovolgimento. Tuttavia gran parte dei canoisti usa i paraspruzzi in neoprene che sono quasi stagni e aderiscono all'addome riparandolo dall'acqua fredda. Una volta sistemati sull'orlo dell'abitacolo, rimangono ben tesi e non fanno borse dove si può fermare l'acqua; un anello di fettuccia robusta, posto sul bordo anteriore, ne permette un facile sganciamento.
LA GIACCA DA ACQUA
È di nylon o di materiale impermeabile di vario spessore ed è confezionata in modo da lasciare libero il movimento delle braccia durante la pagaiata. I polsini sono di neoprene, piuttosto stretti per impedire all'acqua di entrare, la chiusura al collo viene garantita da una fettuccia regolabile con velcro. In vita la giacca viene stretta da un cordoncino dopo averla infilata sopra il paraspruzzi.
LA TUTA IN NEOPRENE
Questo particolare indumento può venire indossato in acque e giornate molto fredde; deve essere piuttosto abbondante per non ostacolare i movimenti e una maglietta di lana va messa a contatto della pelle. La lana, anche se bagnata, conserva parte del suo potere isolante. Non dimentichiamo che un buon equipaggiamento, oltre ad evitarci delle noie e farci godere in pace le escursioni, eviterà anche gli inconvenienti che sono sempre in agguato dietro la trascuratezza.
PICCOLE RIPARAZIONI
Spesso accade che una canoa o la pagaia vengano danneggiate e non sempre è facile trovare un carpentiere che possa velocemente riparare il danno, perciò l'istruttore spesso è costretto ad eseguire piccoli lavori di riparazione. Oggi, questi lavori di riparazione sono enormemente facilitati dall’uso delle resine plastiche e della fibra di vetro. Una resina abbastanza buona, anche se di qualità inferiore a quella epossidica, è la classica resina poliesteri per imbarcazioni; quest'ultima è facilmente reperibile, ha un costo basso, è di facile lavorazione e, nel complesso, dà buoni risultati.
Quindi acquisteremo per le piccole riparazioni i seguenti prodotti:
- qualche kg di resina poliesteri per imbarcazioni;
- catalizzatore in percentuale del 2% sul volume della resina;
- pezze di tessuto di kevlar e carbonio;
- stuoie di vetro di gr 300 al mq (tessuti di fibre di vetro);
- un bicchiere graduato di plastica morbida (capacità fino a 0,5 litri) che servirà per i misurare la resina sciolta;
- una siringa di plastica di cc 10 (che tapperemo all’attacco dell’ago ed useremo come misurino per calcolare il 2% del volume della resina usata per il catalizzatore);
- pennelli di diverse dimensioni;
- carte abrasive di grana molto grossa ed alcune di grana media;
- acetone o diluente per pulire i pennelli;
- vernice poliuretanica a due componenti (per la finitura).
ESEMPIO DI LAVORAZIONE (UNA RIPARAZIONE ALLO SCAFO )
Ammettiamo di dover riparare un foro sullo scafo di una canoa (sia questa in legno che in plastica), chiuderemo il foro dall'esterno con del nastro adesivo in modo che la resina non possa grondare sullo scafo della barca. Se il foro è molto ampio, useremo del legno molto sottile per dare il necessario sostegno al fiberglass (per esempio del compensato da mm 1; in mancanza di compensato si potrà anche impiegare del comune cartone). Il legno (od il cartone) non dovrà andare a diretto contatto con la resina poiché questa, una volta indurita, sarebbe difficile da staccare, quindi è bene interporre uno strato di nastro adesivo fine del tipo da imballaggio (si possono usare le cere o le vernici distaccanti, appositamente studiate per l'impiego con la resina poliestere). Dopo aver preparato il supporto sull'esterno dello scafo, inizieremo la lavorazione dall'interno. Si sgrasseranno con un tampone imbevuto in acetone i margini della rottura, quindi, con della carta a vetro di grana molto grossa, graffieremo intorno ai margini per almeno 2/3 cm, in modo da fornire una buona presa al materiale riportato; puliremo nuovamente la zona di "presa" ancora con il tampone imbevuto di acetone. Con l'aiuto del bicchiere di plastica graduato, misureremo una quantità sufficiente di resina (ad esempio: 200 cc.) per eseguire tutto il lavoro. Con la siringa, misureremo la quantità di catalizzatore necessario per fare indurire la resina, cioè il 2% del volume di quest'ultima (nel nostro caso: il 2% di 200 cc. = 4 cc.). Verseremo il catalizzatore nella resina e lo mischieremo a questa con un bastoncino. Da questo momento, il tempo di lavorazione sarà di circa 20' (secondo la temperatura esterna). Quando si usa il catalizzatore si dovrà fare molta attenzione a non inquinare, anche con piccolissime quantità di questo, o con gocce di resina già catalizzata, la resina che si vorrà conservare, perché si rovinerebbe in pochissimo tempo. Gli avanzi di resina catalizzata devono essere gettati. Con un pennello applicheremo della resina catalizzata sui margini della rottura e sul supporto che chiude il foro. A questo punto disporremo i tessuti scelti per tamponare la rottura avendo cura di imbibire con la resina strato per strato i tessuti utilizzati. Sarebbe buona norma ricoprire la riparazione con un ultimo strato di vtr, qualunque sia il materiale precedentemente utilizzato. Se si formassero delle "bolle" d'aria fra i vari strati, queste dovranno essere eliminate battendo sempre con il pennello. È molto importante eliminare tutte le bolle poiché queste creano dei punti deboli dello stratificato. Dopo circa un'ora, la resina dovrebbe essere sufficientemente indurita perciò, allora, staccheremo il supporto esterno ed inizieremo la rifinitura esterna della barca, prima con carta abrasiva a grana grossa, poi sempre più fine per ottenere una superficie liscia che riprenda perfettamente le linee dello scafo. Quindi, se necessario, si passerà alla verniciatura con vernice poliuretanica trasparente (a due componenti). Finiremo nei modi consueti, cioè con carta abrasiva impermeabile molto fine ed acqua, poi si potrà passare alla pasta abrasiva. La riparazione può anche essere eseguita direttamente all'esterno dell'imbarcazione, ma i risultati saranno nettamente inferiori sia per "tenuta" sia per finitura.